IL RESTO DEL CARLINO – “Polizza vita taroccata” Class Action di mille risparmiatori

«Prenda queste polizze vita, che mi sono state proposte, sostenendo che sviluppavano delle buone rendite. Scaduto il tempo, e cioè otto anni dopo, mi sono ritrovato con il 40% in meno del capitale versato a cui occorre anche aggiungere le mancate rendite. Ora spero, con questa class action, di riprendere almeno il 60 % della cifra che ho perso. Cioè qualche decina di migliaia di euro». Lo racconta uno dei mille risparmiatori che il 7 marzo avranno la prima udienza davanti al Tribunale di Milano. Il risparmiatore si chiama Sante ed abita in provincia di Pesaro e Urbino.

«Mi sento come i risparmiatori delle banche fallite. Mi sento truffato. Onestamente non me la posso prendere nemmeno con chi me l’ha venduta – una controllata dell’ex Popolare di Lodi, ndr. – perché loro erano in buona fede».

Sono mille i risparmiatori, in gran parte di Emilia Romagna, Toscana e Marche, tutelati in questa class action dall’associazione Lericom di Parma che ha chiamato a giudizio la Compagnai Inglese Aviva Life e la Banca d’affari Societe Generale. «I nostri tutelati sono mille e chiedono 25 milioni di euro – dice il portavoce di Lericom, Corrado Tecchi – ma pensiamo che le persone che siano rimaste raggirate con queste polizze vita siano molte di più per una cifra che stimiamo attorno a 100 milioni di euro. Per cui chiediamo la restituzione di tutto il patrimonio ed il risarcimento del danno».

Stando al Lericom le perizie effettuate da un consulente esterno hanno messo in luce: commissioni occulte dell’ordine del 10% oltre ad un costo dichiarato del 10%; la natura esclusivamente finanziaria e speculativa della polizza; la polizza era un mix tra obbligazioni e derivati con tutti i rischi a carico del contraente; informativa contrattuale non corretta. Un altro problema che viene posto è anche quello che, essendo polizze vita per importi non importanti l’azienda emittente contava che i risparmiatori non avrebbero fatto azioni legali. Le polizze contestate ed emesse da Aviva-Sogene sono in totale sei e le perdite vanno dal 40 all’80% a scadenza.

Sempre secondo l’associazione le polizze Index Linked erano strutturate in maniera tale – nella sostanza un derivato – che potessero essere aggirate le normative di controllo da parte delle autorità finanziarie per cui sono state vendute retail ai risparmiatori.

Maurizio Gennari

IL «BUCO» CON LA POLIZZA INTORNO Controverso il caso Cnp (ex Roma Vita). Ma la garanzia sembra esserci.

Pensavamo di avere in portafoglio strumenti supersicuri e stragarantiti. Era stato assicurato loro che, qualsiasi cosa capitasse, alla scadenza avrebbero riottenuto almeno i soldi investiti. Oggi i possessori di polizza index linked sono invece tra i più colpiti, paradossalmente, dal tracrollo di Lehman Brothers. E’ difficile a più capire come mai a garanzia di un tranquillo prodotto di una compagnia Vita Italiana, una solida assicurazione, ci sia un bond di una banca statunitense oggi fallita. Tuttavia può accadere anche questo. Va detto, a onor del vero, che nella maggior parte dei contratti, soprattutto nei più recenti, il rischio era ben specificato. Ma non si può dire altrettanto delle vecchie immissioni.

In Italia circolano almeno una sessantina di index la cui garanzia del capitale era prestata da Lehman, che figura anche da controparte del derivato sottostante per altri contratti. E sono dunque migliaia i risparmiatori coinvolti. Tra questi c’è I.N. che si qualifica come uno sfortunato possessore di polizza Performance 7, emessa nel 2001 da Roma Vita (oggi Cnp Unicredit Vita). Dopo avere letto il comunicato di Cnp, in cui la compagnia avvisava che il 18 settembre del default di Lehman, e del fatto di non essere in grado di valorizzare le 13 polizze garantite dal gruppo Usa, il lettore ha inviato a Cnp una e-mail con richiesta di chiarimenti e ha scritto anche a “Polizze Chiare”. E’ indispettito dal fatto che la compagnia affermasse, nella comunicazione, che «tali polizze non prevedono contrattualmente alcuna garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale nominale a scadenza e durante la vigenza del contratto. Pertanto il contraente assume sia il rischio di mercato, sia il rischio di credito connesso all’insolvenza Lehman Brothers».

Il caso di I.N. ha portato alla luce una problematica di cui si discuterà probabilmente molto nei prossimi mesi. In questa polizza, infatti, come nelle altre quattro elencate nella tabella in pagina ( [ndr v sub] con il codice evidenziato a fianco, visto che esistono due versioni con lo stesso nome) è prevista una clausola che potrebbe aprire la strada alla restituzione integrale del capitale da parte della compagnia. Al punto 2.1.(riportato nella prima pagina della nota informativa che si può visionare nell’archivio dei prodotti sul sito www.cnpunicreditvita.it) c’è un’esplicita frase scritta in neretto: «E’ comunque garantito che il capitale minimo liquidabile a scadenza non è inferiore al capitale iniziale». Nello stesso contratto si fa menzione (però solo al punto 3.2., dopo sei pagine dalla prima) che le prestazioni previste contrattualmente sono collegate a un titolo obbligazionario “di adeguata sicurezza e negoziabilità considerato che, in caso di inadempimento da parte dell’ente emittente di tali attività finanziarie, eventuali effetti economici pregiudizievoli sono in capo al contraente”.

Poiché le due affermazioni si contraddicono e, ai sensi del codice civile, nei contratti per adesione si applicano di norma le condizioni più favorevoli alla parte più debole, stando alla giurisprudenza, gli assicurati di queste polizze potrebbero avere buone chance di rivedere almeno i capitali investiti. Per ora da Cnp Unicredit hanno risposto al lettore ribadendo che la garanzia è prestata da Lehman Brothers. Che fare dunque ci chiede I.N.? «In primo luogo- spiega- Alessandro Pedone dell’Aduc- bisogna aspettare che alla scadenza si manifesti un’inadempienza contrattuale. Allora ci si potrà rivolgere all’ufficio reclami della compagnia. Se non si ottiene soddisfazione può rivelarsi risolutivo inviare la giuda reclamo all’Isvap (seguire la guida reclami pubblicata sul sito www.isvap.it )».

L’ultima chance sarà quella giudiziaria. Non va dimenticato, infatti, che se ci si rivolge prima al giudice non si può più percorrere la strada dell’Isvap. La resa dei conti per queste cinque polizze- tutte emesse nel 2001 e tutte garantite da bond Lehman, con buona pace del concetto di diversificazione dell’emittente- è comunque vicina; scadono tutte tra aprile e luglio 2009. La compagnia, contattata da “Plus 24”, si limita a dire che manterrà un dialogo aperto con tutti i clienti.

Nel frattempo un altro lettore di Sesto Fiorentino ci comunica di avere già mandato un esposto all’Isvap tramite raccomandata per conto della suocera 80enne, che nel 2001 ha sottoscritto la polizza Performance 8 dell’ex Roma Vita, con un premio unico pari a 30 milioni delle vecchie lire.

Ora attende una risposta dal regulator del settore.

CNP UNICREDIT
Le polizze con clausole controverse

Polizza        Scadenza

Performance 5
(1605)        04/04/2009

Performance 6
(1606)        04/05/2009
 
Performance 7
(1607)        31/05/2009

Performance 8
(1608)        28/06/2009

Performance 9
(1609)        26/07/2009

ARTICOLO DI FEDERICA PEZZATTI TRATTO DA: PLUS 24 SOLE 24 Ore
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Polizze Lehman in Tribuanle (causa AVIVA Banca Network)

Una nuova causa cumulativa sulla vicenda Lehman Brothers, la seconda nel giro di un anno, è approdata al tribunale civile di Milano che ha fissato già un’udienza per dicembre. È la prima volta, però, che i distinti casi di un folto gruppo di risparmiatori, 120 per un valore complessivo di 2 milioni di euro, viene riunito in un’unica causa cumulativa (e dunque diversa da una class action) sulla vicenda delle polizze indicizzate a bond strutturati Lehman.


Nel mirino sono finiti i prodotti venduti da Bpl (ora Banca Network) a partire dal 2001, quando c’era ancora la gestione di Giampiero Fiorani, assieme ad Aviva. L’aspetto inquietante della vicenda è che il danno per i sottoscrittori non è stato soltanto quello derivante dal fallimento della banca americana, ma anche dal modello di polizza proposta che, nei fatti, oltre a non dare alcun rendimento provocava nel tempo un’erosione del capitale investito (che nella pubblicità veniva invece garantito) a causa di una serie di commissioni improprie che vi venivano caricate. Elementi, questi, che hanno fatto ravvisare ai legali del Lericom, uno dei comitati che si sono costituiti in difesa dei risparmiatori incappati nel default Lehman (www.tutelalehmanbrothers.it), gli estremi per presentare una denuncia penale per truffa. «Abbiamo ricevuto mandato dal Lericom – spiega Giancarlo Buccarella, il legale che assieme a Pietro Campanini segue la vicenda – di presentare in procura una denuncia penale contro ignoti». Gli eventuali destinatari della denuncia dovranno essere individuati dai magistrati: oggi infatti Banca Network è passata sotto il controllo di Sopaf, Aviva, de Agostini e Banco Popolare. Ma torniamo alle peculiarità delle polizze.


I prodotti venivano pubblicizzati – ma esplicita dicitura era inserita nel contratto – come polizze a capitale garantito, salvo poi aggiungere che in caso di insolvenza dell’emittente dei bond cui erano indicizzate il rischio andava a carico del risparmiatore. Alla stregua di altre polizze indicizzate a obbligazioni Lehman, secondo i legali si prefigura la nullità del contratto legata alla presenza della clausola vessatoria a carico del sottoscrittore. Ma i prodotti venduti da Bpl e Aviva non si fermano lì. «È la prima volta che abbiamo a che fare con polizze che presentano profili di violazione così gravi» chiosa Buccarella. I contratti nel mirino sono di due categorie: polizze index link e polizze unit link.

Nel primo caso nel contratto proposto al risparmiatore non veniva in alcun modo menzionato che la polizza era indicizzata a bond Lehman, ma si indicava solo la presenza della banca americana come “lead manager”, ovvero collocatore dello strumento finanziario. «In realtà c’è un forte conflitto di interessi perchè la banca vendeva i propri bond – dice l’avvocato -. Il titolo era emesso dal veicolo Quartz con sede nel Jersey e comprato da Commercial Union (poi divenuta Aviva), la quale lo vendeva sotto forma di polizza attraverso Bpl. In questo modo, con la interposizione fittizia della Commercial, si collocavano al retail prodotto destinati solo a investitori professionali. I premi versati finivano in un fondo gestito da Lehman». Gli aspetti della truffa sarebbero legati al fatto che in ogni caso il risparmiatore ci avrebbe rimesso: la polizza, nonostante il contratto dicesse il contrario, aveva vari costi di ingresso e in più una elevata commissione di gestione del 5,38% annuo (ingiustificata visto che il fondo era gestito da Lehman e non da Aviva) che inevitabilmente ne erodeva il valore. Questa impostazione diventa ancor più evidente nelle unit link: in queste polizze si specificava che un rendimento sarebbe stato corrisposto solo se il valore delle quote del fondo cui erano indicizzata segnavano un incremento di valore del 20 per cento. Evento impossibile alla luce dell’erosione determinata dalle commissioni applicate.

Zurich Maextra Vittoria in Tribunale

Con sentenza pubblicata a luglio 2010 il Tribunale di Milano ha stabilito che la banca collocatrice presso un suo cliente, per conto di una compagnia assicurativa, di una polizza index linked (o unit linked) è gravata nei confronti del cliente da responsabilità precontrattuale, sia generale (art. 1337 c.c.) che specifica (art. 109 D. lgs 174/95 e Circolare Isvap 451/D del 24.07.2001), nel caso che venda al cliente la polizza senza fornire tutta l’informazione precontrattuale sulla polizza medesima.

Ne consegue l’obbligo della banca di restituire il capitale investito (il premio) oltre agli interessi legali e le spese di giudizio. Come spesso accade ai sottoscrittori di polizze in banca, nel caso in questione alla sottoscrizione della proposta di acquisto non ha fatto seguito la consegna al cliente di una copia della stessa. con la conseguenza che il cliente non sapeva di dover ricevere la Nota informativa e la lettera di conferma.

Tra l’altro la compagnia non ha inviato al cliente la lettere di conferma a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento indispensabile per il perfezionamento del contratto (per volontà espressa della compagnia). È scattato così il termine per l’esercizio del diritto di recesso da parte del cliente con conseguente obbligo per la compagnia di restituire il premio. Tra l’altro pare che la banca non potesse neppure provare di avere consegnato la nota informativa che non risulta datata e sottoscritta dal cliente.